dizionario non-stitico, pt. 1

<<[...]Qui invece, in Rua da Saudade, a pochi metri dalla cattedrale, non viene mai nessuno. [...]
La saudade è parola portoghese di impervia traduzione, perché è una parola-concetto, per cui viene restituita in altre lingue in maniera approssimativa. [...] Insomma, come spiegare questa parola?
È proprio per questo che allontanandovi di pochi metri siete venuti qui. Perché dall'alto di questa piccola strada lo sguardo abbraccia tutta la città e l'enorme foce del Tago (Tejo). E poco più avanti l'Oceano e l'infinito orizzonte. L'ignoto portoghese che dette il nome a questa strada certamente aveva guardato bene il panorama. [...] Per capire cos'è la saudade, niente di meglio che provarla direttamente. Il momento migliore è ovviamente il tramonto, che è l'ora canonica della saudade, ma si prestano bene anche certe sere di nebbia atlantica, quando sulla città scende un velo e si accendono i lampioni. Lì, da soli, guardando questo panorama davanti a voi, forse vi prenderà una sorte di struggimento. La vostra immaginazione, facendo uno sgambetto al tempo, vi farà pensare che una volta tornati a casa e alle vostre abitudini vi prenderà la nostalgia di un momento privilegiato della vostra vita in cui eravate in una bellissima e solitaria viuzza di Lisbona a guardare un panorama struggente. Ecco, il gioco è fatto: state avendo nostalgia del momento che state vivendo in questo momento. È una nostalgia al futuro. Avete sperimentato di persona la saudade. >>
Antonio Tabucchi, Viaggi e altri viaggi, 2010, p.168


A me la saudade è venuta ieri, guardando questo.




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